Cinque anni

Qualche tempo fa questo blog ha compiuto 5 anni. E ho deciso che, tutto sommato, è qualcosa di non così transitorio come pensavo fosse all’inizio. Ho pensato valesse la pena di spendere 7 euro l’anno per questo blog.

E così, dopo avere Windows Live Spaces abbandono anche WordPress.com e mi sposto su:

http://eremodelviandante.it

Ci rivediamo lì?

Giorgio Napolitano e la libertà

Giorgio Napolitano oggi difende il diritto alla libertà della Libia. E fa bene. Peccato che quando l’URSS invase l’Ungheria per fermare il processo di riforme che era stato avviato scrisse “senza vedere come nel quadro della aggravata situazione internazionale, del pericolo del ritorno alla guerra fredda non solo ma dello scatenamento di una guerra calda, l’intervento sovietico in Ungheria, evitando che nel cuore d’Europa si creasse un focolaio di provocazioni e permettendo all’Urss di intervenire con decisione e con forza per fermare la aggressione imperialista nel Medio Oriente abbia contribuito, oltre che ad impedire che l’Ungheria cadesse nel caos e nella controrivoluzione, abbia contribuito in misura decisiva, non già a difendere solo gli interessi militari e strategici dell’Urss ma a salvare la pace nel mondo.”

E questo attaccando i propri compagni di partito, che sollevavano più di un dubbio sulla decisione sovietica.

Piazza Castello

Un giorno lessi in Piazza il discorso pronunciato da Vittorio Emanule II, nel proclamare il Regno d’Italia.

Mi colpì, perché mi colpiscono le idee grandi e chi crede in qualcosa di più dell’immediato, chi creda in concetti astratti, intangibili.

E’ con quelle idee che si sfida il vuoto, si dipinge un senso, si da grandezza ai gesti.

I gesti di ampio respiro, sono quelli che cerco.

Buon compleanno Italia.

Concorso al Politecnico di Torino: fatti fotografare per vincere un iPhone 4 e un iPad2

DIffondete questo concorso organizzato da dei miei colleghi:

http://stardust.polito.it/concorso/

Stanno svolgendo una ricerca per riconoscere la somiglianza fra volti di persone legate da rapporti di parentela stretti. Per questo motivo anno bisogno di raccogliere foto di fratelli/sorelle o figli e genitori. Per partecipare basta prenotarsi e presentarsi al Poli con uno o più fratelli/sorelle/genitori o in alternativa con una fototessera in formato passaporto dei soggetti in questione. A seconda che ci si presenti in carne e ossa o si portino fototessere si ricevono più o meno punti. Ogni punto corrisponde a un biglietto per l’estrazione dei premi.

Quando piove

Quando piove ti intravedo sai, nonostante gli anni, e quella tua perseveranza nell’essere vapore e vapore ancora.
Lo vedo, il nome che ti scorre via, i desideri che semini come molliche. Il rumore degli anni è un ticchettio che ti batte il tempo, se solo tu avessi voglia di ballare. Rimani nuda, come un pensiero a metà, come una frase che non sai finire. E aspetti che piova ancora, sempre incerta fra il prendere un po’ di colore o lasciarne scivolare via ancora un po’. E ci respiro bene sotto questa pioggia, dove ti vedo, non ti vedo e smetto di cercarti. Di tanto in tanto trovo un sassolino dei tuoi, lo metto in tasca, e ricomincio. Trattenendo il fiato fino alla prossima domenica di pioggia, e sperando che basti l’aria.

Appunti

Un post semplice, di poche righe, che mi ha colpito:

http://www.ilblogdimadis.com/2011/02/il-tempo-perfetto-dell.html

Colori

È strano, sai, come prima ci sia una persona e poi ci ritrovi una vecchia abitudine, una cattiva abitudine. E non capisci mai le trasformazioni a guardarle da questo lato dell’asse del tempo.

Invece si va al Murphy’s. E Ciube non lo aspetti con la camicie, i gemelli, la cravatta e sopra al chiodo. E dire di fare per i. Mestiere il curatore di campi da golf. È così. Mille e uno sfaccettature di un minchione, mille e due di un amico e dei suoi chilometri. È la cosa più umanamente vicina alla ubiquità.

E poi ci sono le serate. E le serate hanno colori, che trascendono il blu della parrucca che a Ciube sta d’incanto. Le serate hanno colori, che, l’altra sera, erano occhi.

Buonanotte.

I do not belong

Sai, ascolto ripetutamente Country roads.Fuori c’è il sole, la macchina chiama, e pazienza se l’autoradio non funziona.Ecco, viaggiare. E pazienza se non c’è posto dove tornare, da chiamare casa.Perché a me non capita che:

I hear her voice, in the mornin’ hour she calls me
The radio reminds me of my home far away
And drivin’ down the road I get the feeling’
That I should have been home yesterday, yesterday

Non saprei proprio quale posto, quale sensazione, quale persona mi potrebbe dare quella sensazione. Non c’è.

L’altra faccia della medagli è che si sentono morbidi i confini fra sé e il resto: dal vento alle strade. Come non avere legame così forti da impedirti di mescolarti. E’ non avere troppo attorno al cuore, troppo che gridi forte e impedisca di guardareil paesaggio che scorre dai finestrini, il vecchio che siede sulla panchina. E’ la possibilità di essere uno spettatore silenzioso del mondo,senza inquinarlo.

Allora oggi lascia andare ogni limite, stempera i bordi, sali in macchina. E se non c’è casa c’è però tanto vento e tanta strada.

Vorrai mica vedere che…

A settembre sono stato ad una conferenza. Dopo un intervento una signora interviene, con accento inglese semi-incomprensibile, per fare una domanda. E sentita la risposta continua. Domande pungenti, cattive, puntigliose.

Si tratta di una signora che, nel mio campo, sa il fatto suo.

Io, seduto fra quei banchi provai pena per il poveraccio cui rivolgeva quelle domande.

Ora. Io dico. Tu immagina che uno debba fare il suo primo talk ad una conferenza accademica, in inglese, in Inghilterra, nell’università di questa signora, proponendo dei cambiamenti all’approccio da lei suggerito.

No, dico, sarebbe un caso, assurdo, no?

Dico.

E invece. Guarda un po’ cosa devi aspettarti.

Come si chiama la signora?

Barbara.

No, per dire.

Si, ma

Si, ma a volte per capire, per scriverne, serve un’immersione in quel dolore, ancora, ancora. Buttarsi per intero, sotto.

E’ orribile, cazzo. Ricordi. E’ strano come i frammenti di ricordi ti taglino comunque li prenda. Li hai mescolati, dimenticati, gettati. Rimane un paiolo di pezzi di vetro, per colazione.

Ognuno di quei cattivi pensieri e legato a tutti gli altri cattivi pensieri. Un insieme che ha avuto bisogno della complicità di eventi molteplici, ripetuti e determinati, e attori e comparse in quantità perché emergesse uguale a come è stato. E non lo si può negare.

A certi cattivi quadri, a certi 2010, non bisognerebbe mai dargli un’occhiata, perché hanno la mappa dei veleni che ti sono attorno e, per vivere, devi far finta di non sapere.

Ma il punto, è che a volte bisogna fare qualcosa di più della cosa giusta per sopravvivere. A volte bisogna rivivere. E scrivere.